Il gioco, per i bambini, è cosa seria e ce ne accorgiamo, se li osserviamo con attenzione, quando inventano situazioni in cui interpretano il ruolo di mamme, di maestre, di sceriffi, di medici o di poliziotti, conducendo la loro interpretazione con impegno, costanza, serietà e nello stesso tempo con creatività.
Mario Lodi sosteneva che il gioco rappresenta per il bambino il modo principale di interagire con il mondo e che, così facendo, egli esplora e sperimenta la realtà. Le caratteristiche tipiche del gioco, quali ad esempio, la partecipazione, l’interesse, la voglia di fare, la curiosità e la meraviglia, insieme a stupore e piacere della scoperta devono essere trasferite alle strategie di apprendimento proposte a scuola, per permettere ai bambini di imparare rispettando, conservando e valorizzando, il più possibile, metodologie e atteggiamenti del loro processo naturale di conoscenza. A questo scopo gli insegnanti dovrebbero conoscere preliminarmente gli aspetti formativi del gioco, quelli che lo rendono così efficace e nello stesso tempo così attraente, e trovare le modalità per trasferirli nell’attività didattica.
Costruire conoscenza attraverso l’esperienza diretta
In questo senso essi dovrebbero essere coscienti che nelle didattiche d’aula “stare al gioco” significa proporre in ogni attività e ambito disciplinare numerosi momenti di esperienza diretta, situazioni in cui, per gli alunni, sia possibile essere attivi, sentirsi coinvolti e interessati. Un docente consapevole della pedagogia del gioco a cui Mario Lodi faceva riferimento dovrebbe favorire l’incontro-scontro dei bambini con situazioni problematiche che abbiano la possibilità di essere analizzate, smontate nelle loro parti costitutive e interpretate. Questo occorre fare se si vuole che l’alunno impari a costruire conoscenza attraverso prove, riprove, sperimentazioni, errori e ricerca di nuove o diverse soluzioni.
L’insegnante stesso, per primo, deve avere la consapevolezza che è bello imparare ipotizzando, cercando, sbagliando e ragionando sui propri errori, sperimentando, verificando, facendo operazioni di metacognizione. La didattica di Mario Lodi si basava su un principio che, tipico della pedagogia del gioco, diventa generale e orientativo delle pratiche d’insegnamento d’aula: imparare attraverso situazioni di esperienza diretta, essere coinvolti nel processo di scoperta, essere co-protagonisti coinvolge e motiva molto di più rispetto ad una programmazione basata esclusivamente sul criterio del “presunto interesse per i contenuti proposti” e scelti esclusivamente dal docente.
Riferimenti bibliografici
“La pedagogia del gioco” tratto dall’articolo di Aldo Pallotti “I criteri pedagogici di Mario Lodi”, Scuola Maestra n.1, Marzo 2022, Anno II, pag.101-102, LS Scuola
Direttore scientifico: Tiziano Pera
Redazione: Associazione “Il Baobab, l’albero della ricerca”