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Bambini e dispositivi digitali: è allarme rosso. di Maria Orifici

Dicembre 7, 2022 noprofitperlascuola Fuori...classe

Le tecnologie, le applicazioni ed i dispositivi digitali hanno invaso la nostra vita quotidiana ed ancora di più quella dei bambini e dei ragazzi. Nei paesi cosiddetti sviluppati si discute molto sulle opportunità ed i rischi collegati all’uso massiccio di tali tecnologie, tra l’altro in continua e sempre più penetrante evoluzione.  Le statistiche sono impressionanti: in Italia il rapporto cellulari/bambini è il più alto dei paesi Occidentali; il 43% dei bambini trascorre più di due ore al giorno davanti alla TV; il 58% passa buona parte del tempo libero ai videogiochi; il 50% dei bambini di sei anni possiede uno smartphone; nove minorenni su dieci sono permanentemente connessi in rete; oltre il 70% dei bambini sotto gli otto anni usa regolarmente lo smartphone dei genitori.

 

Un uso così pervasivo delle tecnologie finisce per investire ogni possibile aspetto della comunicazione e tutti gli ambiti della vita: gioco, studio, relazioni sociali ed affettive…Su quali siano le conseguenze per il corretto sviluppo del bambino, la letteratura scientifica è concorde: l’uso eccessivo delle tecnologie digitali presenta qualche opportunità ma soprattutto molti rischi.  I danni sono già evidenti a partire dalla salute, dato che i dispositivi digitali impongono la quasi completa immobilità e posture scorrette. Non meraviglia pertanto che siano in forte aumento le patologie legate al sovrappeso ed allo scarso movimento, quali obesità, malattie metaboliche, diabete di tipo 2, artropatie e patologie cardiovascolari. Ancora poco note le conseguenze dell’esposizione prolungata alle onde elettromagnetiche, sicuramente non salutari e fortemente indiziate di aumentare il rischio di insorgenza di diversi tumori.  A livello comportamentale, gli eccessi digitali possono portare ad insonnia ed agitazione, difficoltà di concentrazione, perdita di memoria, appannamento della creatività e della capacità di analisi, aggressività e disturbi dell’attenzione.  

 

La presenza continua sui social, inoltre, porta a vere e proprie forme di dipendenza, frequentazioni improprie, comportamenti a rischio, situazioni potenzialmente pericolose anche sotto il profilo legale in considerazione della superficialità dei rapporti virtuali. In molti casi i bambini confondono il mondo virtuale con quello reale, preferendo il primo al secondo. Ciò porta a difficoltà di relazione ed isolamento, allo sviluppo di competitività estrema che ostacola la cooperazione ed il lavoro di gruppo, all’avvicinamento precoce al gioco d’azzardo favorito da pubblicità subdole e martellanti, alla totale disattenzione nei confronti della natura, al rifiuto della lettura e di altre forme di gioco con maggiore contenuto educativo.  Non è un caso il netto incremento, tra bambini e ragazzi, di una vera e propria patologia collegata all’uso compulsivo di internet, la ludopatia, una grave forma di “dipendenza senza sostanza”. 

 

La risposta istituzionale è tuttora debole: l’Istituto Superiore di Sanità ha realizzato la prima mappatura dei servizi che si occupano dei disturbi da internet: sono una quarantina in tutta Italia i centri, pubblici o privati, che danno aiuto a bambini e ragazzi under14. Nel resto del Mondo si oscilla tra risposte inadeguate e misure drastiche. Sono noti alle cronache gli abusi commessi a danno dei ragazzini cinesi per costringerli alla disintossicazione dall’eroina digitale, con centri di riabilitazione simili a carceri, regolati da una disciplina paramilitare e con l’applicazione di spaventosi metodi di riabilitazione, basati sulle privazioni e sulla violenza fisica (4). Tornando al nostro Paese, in attesa di risposte coerenti da parte della politica governante, è compito delle famiglie, della Scuola e di tutto il mondo dell’educazione affrontare seriamente la questione dell’uso improprio ed eccessivo della tecnologia in un’ottica di prevenzione, perché la situazione è allarmante, sottovalutata ed in rapido peggioramento.  Pensare di tornare indietro a forme di comunicazione più umane è una pia illusione, in un mondo guidato dagli immensi interessi economici delle multinazionali che, con le loro scelte, determinano la vita di tutti. Il telefonino è ormai una ineliminabile protesi, e però possiamo soltanto guidare bambini e ragazzi verso l’uso maggiormente consapevole di tecnologie invasive che occorre usare senza essere usati. Un compito che spetta alle famiglie, agli insegnanti ed anche alle case editrici del settore che devono proporre specifici supporti didattici finalizzati ad educare all’uso consapevole della tecnologia.

 

La domanda che gli educatori devono porsi è duplice: per quanto tempo un bambino deve utilizzare dispositivi digitali e quale sia il modo corretto di fargli vivere i nuovi ambienti virtuali, dove esistono pure app e strumenti già pensati e realizzati appositamente per rispondere alle loro esigenze. Per evitare le conseguenze dovute all’abuso digitale è inoltre fondamentale intervenire nei primi anni di vita, quando si formano le competenze, le abitudini e le strutture mentali che, negli anni successivi, si consolidano e divengono sempre più difficili da modificare.

 

Non è questa la sede per una formulare una didattica dei dispositivi tecnologici.  In linea di carattere generale, gli educatori dovrebbero cercare di “spostare” l’interesse dei bambini dall’ossessione digitale verso altre attività più formative oltre che idonee a sviluppare una soddisfacente vita di relazione: la lettura e scrittura, il gioco cooperativo, il disegno e l’arte, la musica, il pensiero creativo, l’ecologia pratica, il movimento fisico, ecc.  A partire dalla Scuola dell’infanzia ed insistendo nella primaria, il bambino deve avere la possibilità di conoscere altre e diverse attività ludiche o comunque relative al tempo libero. Ne sarà certamente interessato e potrà così collocare i dispositivi tecnologici e le relative applicazioni nel giusto ambito di una “cosa tra le altre” senza esserne soggiogato. 

 

Sulla base della mia esperienza sul campo, ritengo che l’obiettivo formativo dovrebbe essere non già di dare ai bambini un codice predeterminato su ciò che possono e non possono fare, bensì di fornire loro una capacità di analisi critica delle complessità crescenti di un reale sempre più intersecato con il virtuale. Questa appare la strada che porta all’uso consapevole della tecnologia, per innescare un processo educativo in un contesto critico che, con l’essenziale partecipazione dei genitori, potrà forse rendere attuabili le utili raccomandazioni operative contenute negli articoli selezionati (1,2,5,6).

 

Riferimenti bibliografici essenziali:

1.Ferri P. Nativi digitali. Bruno Modadori, 2011.

2.De Carli S., https://www.vita.it/it/article/2022/02/21/ecco-i-99-centri-in-cui-si-cura-la-dipendenza-da-internet/161914/.

3.Eurispes e Telefono Azzurro. Indagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. www.azzurro.it, 2012.

4.Hachi, https://qrios.it/dipendenza-web-centro-disintossicazione-internet-cina/750/.

5.Pietropolli Charmet G. In: Ricotta Voza S. Inutile punire i ragazzi. Il telefonino è la loro protesi. La Stampa 9, gennaio 2015.

6.Tamburlini G. et alii, Tecnologie digitali e bambini, https://www.medicoebambino.com/lib/inserto_tecnologie_bambino.pdf

 

 

Maria Orifici si è laureata all’Accademia di Belle Arti di Roma.  Ha maturato una particolare esperienza nei processi di pianificazione della formazione, nelle metodologie didattiche e nella valutazione dell’apprendimento. E’ insegnante nella Scuola secondaria di primo grado. E’ co-autrice di diversi volumi per LS Scuola.

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