Chi avesse letto l’articolo sulla Peer education ricorderà che è consuetudine che gli studenti tutor che accompagnano i bambini della primaria in un’attività di ricerca disciplinare predispongano dei materiali a supporto del lavoro. Nel caso di un’esperienza che tratta di scienza sono ad esempio utili tabelle per raccogliere i dati, schede semimute su cui appuntare i ragionamenti fatti, cartelloni riepilogativi su cui ripercorrere le tappe del percorso svolto, ma perché non prevedere anche materiali alternativi a carattere fantasioso, sempre graditi ai bambini?
Siamo ancora all’Istituto Vittone di Chieri (TO), dove, come già abbiamo detto, le esperienze di Peer education si sono svolte con regolarità per molti anni. Oltre alle fasi operative vere e proprie, nell’attuazione di queste attività sono fondamentali anche le fasi dell’accoglienza della classe ospite e quella conclusiva riepilogativa del percorso svolto. Tali fasi diventano più pregnanti ed efficaci se progettate con attenzione ed originalità.
Divertirsi… con la scienza
Ed ecco l’idea: perché non produrre favole, filastrocche, racconti fantastici che, pur conservando il rigore dei fenomeni scientifici, risultassero motivanti e divertenti? Perché non applicare in un contesto reale quanto appreso nel corso di lingua, vale a dire il linguaggio e le sue funzioni, i linguaggi settoriali e i registri linguistici? Non avevo ancora finito di affinare il progetto nella mia mente che già la proponevo ai miei studenti della seconda geometri che, pur abituati alle mie folli idee, l’accoglievano con spavento guardandomi con occhi sgranati.
«Ma Prof. …. delle favole? Delle filastrocche? Ma non siamo mica dei bambini.»
Capivo bene la loro reticenza, ma l’idea mi solleticava davvero molto: se i miei studenti fossero stati in grado di trasporre le loro conoscenze chimiche in un contesto fantastico avrebbero dato prova di saper dominare gli apprendimenti tanto da rielaborarli in un contesto diverso e, cosa non da poco, con linguaggio adeguato a bambini della primaria. Prossimi alle vacanze di Natale raggiungemmo un accordo: non avrei assegnato loro alcun compito, ma ciascuno avrebbe provato a scrivere una favola o una filastrocca su un tema chimico a loro scelta tra quelli già affrontati. Ecco una filastrocca scritta da una studentessa a seguito di quella prima proposta (fig. 1).
Connessioni fantastiche
Negli anni successivi, senza forzare nessuno e lasciando agli studenti i tempi necessari, perché si sa che l’ispirazione non viene a comando, sono stati scritti molti bellissimi testi elaborati, per lo più, a più mani. Ciascuno ci ha messo del suo secondo le proprie attitudini e abilità. I più creativi inventavano le storie, chi aveva la penna facile la scriveva, chi era bravo a disegnare le illustrava. Altri inventavano e realizzavano fumetti, altri ancora inventavano giochi e chi ci sapeva fare con la musica? Facile …. componeva canzoni.
Come venivano utilizzati questi materiali?
Alcune favole venivano lette al momento dell’accoglienza per suscitare la curiosità dei bambini e, in qualche modo, dar loro qualche indizio su quanto si sarebbe fatto durante l’attività.
In altri casi, invece, venivano lette al termine dell’attività per verificare se, al di là del linguaggio metaforico della favola, i bambini riuscivano a creare la connessione tra il racconto fantastico e il fenomeno scientifico sperimentalmente indagato (fig. 2).
È questo per esempio il caso del racconto “La disfatta dei robot di ferro” dedicato alle classi dei più piccini (fig. 3)
I bambini che nel corso dell’attività separano un miscuglio di zolfo e polvere di ferro servendosi di una calamita riconoscono senza difficoltà i granelli gialli dello zolfo nei personaggi della storia.
Ed ecco un fumetto finalizzato a fissare nella mente dei bambini la tecnica del cosiddetto “tiraggio a secco” utilizzata per recuperare un soluto solido da un solvente (fig. 4).
Con il fantasioso “Furto nella notte a Polpettown” siamo in un ambito di educazione alimentare, quando i bambini degli ultimi anni della scuola primaria vengono accompagnati dai tutor a ricercare negli alimenti zuccheri, amidi, proteine e lipidi. Ad esempio, se trattati con un apposito reattivo, gli alimenti che contengono proteine assumono una colorazione violetta (fig. 5).
A fine attività i bambini portavano con sé il prezioso bottino dei racconti, dei fumetti e delle filastrocche per lavorarci ancora con la loro insegnante nei giorni successivi. Qualche volta ci è anche capitato di andare, dopo qualche settimana, nella classe della primaria portando i giochi fatti dai tutor per un paio d’ore di “divertente ripasso”.
Verso una cittadinanza consapevole
Concludendo mi sento di dire che ogni insegnante deve avere tra le sue finalità quella di adoperarsi affinché gli studenti acquisiscano il linguaggio specifico delle diverse discipline, ma che sollecitare e sostenere il pensiero divergente e la creatività è altrettanto importante. Non è con una scuola trasmissiva e con le lezioni frontali che si accompagnano bambini e studenti ad una cittadinanza consapevole, ma è offrendo ai discenti sfide stimolanti e sempre diverse perché solo così è possibile aiutarli a scoprire ed affinare quelle attitudini che potranno orientare le loro scelte future.
E in ultimo, consentitemi una provocazione: Ma è proprio indispensabile che la Chimica sia quella materia da incubo che tanti adulti ricordano con angoscia? Io non lo credo proprio e sono convinta che se si riesce a far nascere negli studenti la voglia di raccontare Chimica anziché subirla passivamente, almeno di un incubo ci si libera.
Bibliografia
Lanfranco, T. Pera, G. Manassero, R. Carpignano. Esperienze di Peer Education per orientare al piacere della Chimica, la Chimica nella Scuola, CnS, XXIII, n. 5, p. 157 (2001);
Bruno Bettelheim, Il mondo incantato – Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Feltrinelli, 2000.